Personaggi vitali, destinati a rimanere nella memoria
Marcenda ha fondato una città, una città ideale, dove donne povere e sfruttate possono trovare rifugio. Una città nuova, un borgo che in questo modo viene ripopolato. Ma da qualche tempo una violenza che sembra generarsi dal nulla, un’aggressione e poi una morte indecifrabili hanno minato l’armonia del posto. E’ la storia raccontata da Giuliano Gallini in Qui non possiamo più restare (Ronzani Editore). I rapporti con i cittadini della comunità, e quelli tra chi ha contribuito insieme a lei a creare questa piccola realtà utopica vengono messi a repentaglio, compromessi da un’impennata e imprevista irrazionalità. La narratrice è testimone diretta, e in qualche modo chiama i lettori a collaborare, nel comprendere e nell’accettare le oscurità dei personaggi che si muovono nella trama, così apparentemente idilliaca, in realtà condizionata dalle ideologie dominanti di questo millennio, capaci di entrare anche nella intimità dei sentimenti e di mettere in questione la percezione stessa della realtà e i modi del nostro conoscere. La storia è ambientata in un futuro vicino, quasi il nostro presente; i personaggi, vitali e destinati a rimanere nella memoria di chi legge, sono anche simboli del tempo che ci troviamo a vivere.